Conferenza serale

Andrea De Marchi: Il giovane Duccio, un saggio di Struktiver Illusionismus e la formazione di Giotto

Un rilievo sistematico dei resti di affreschi ducceschi nella cappella di San Gregorio in Santa Maria Novella, in origine affidata ai Laudesi, condotto insieme con Federica Corsini, ha permesso di ricostruire virtualmente la facies complessiva di una decorazione che univa l’illusione di finte architetture, in accordo con la qualificazione esterna laterizia della stessa basilica, e di finte stoffe a reticoli stellari, in un intarsio che aveva soprendenti analogie con la pala d’altare di Westminster Abbey. Alla metà degli anni ottanta del Duecento il giovane Duccio in questi affreschi più ancora che nella Maestà ora agli Uffizi dialogava strettamente con la sfida illusionistica della pittura oltremontana, in anticipo sul cantiere della basilica superiore di San Francesco ad Assisi. Collegato è il problema della destinazione della grande Maestà, che interagiva puntualmente con queste pitture murali: nondimeno si può argomentare che tale destinazione fosse pensata come provvisoria, mentre il cantiere architettonico della navata era ancora in fieri, in un momento in cui il transetto destro funzionava pro tempore come ecclesia laicorum, cui si accedeva dalla prospicente porta con l’iscrizione che commemora la rifondazione ad opera del cardinale Latino Malabranca nel 1279. Lo schema d’insieme, con due finte edicole ai lati della finestra chiuse en gâble, ospitanti probabilmente le figure di San Pietro martire e di San Domenico, pone la premessa per le cappelle giottesche in Santa Croce. Da questo punto di vista si può ripensare tutto il problema del rapporto iniziale che in quegli anni legò Duccio al giovane Giotto, riconsiderando in tale contesto la genesi di un nuovo sistema degli ornati e di un moderno concetto di Struktiver Illusionismus, il problema attributivo della Madonna col Bambino di Castelfiorentino e degli affreschi dei registri superiori della seconda campata della basilica assisiate.

   

Andrea De Marchi, piemontese nato a Biella nel 1962, è professore ordinario di Storia dell’arte medioevale all’Università di Firenze, dopo essere stato ispettore in Soprintendenza a Pisa (1994-1995), ricercatore all’Università di Lecce (1995-2000) e professore all’Università di Udine (2000-2006). Ha studiato a Siena, con Luciano Bellosi. Le sue prime ricerche, sulla pittura tardogotica nelle Marche e a Venezia, sono confluite nel libro Gentile da Fabriano. Un viaggio nella pittura italiana alla fine del gotico (1992, riedito nel 2006). Si è interessato di svariati argomenti, riguardanti la pittura, il disegno e la miniatura fra gotico e rinascimento. Nel 1996 ha fondato con altri studiosi ‘Nuovi studi. Rivista d’arte antica e moderna’, di cui è redattore. Insieme ad altri ha curato diverse mostre: nel 2002 su Il Quattrocento a Camerino. Luce e prospettiva nel cuore della Marca, nel 2004-2005 su Fra Carnevale. Un artista rinascimentale da Filippo Lippi a Piero della Francesca (Milano, Brera e New York, Metropolitan Museum), nel 2005 Autour de Lorenzo Veneziano. Fragments de polyptyques vénitiens du XIVe siècle a Tours, nel 2006 Gentile da Fabriano e l’altro Rinascimento nella città natale dell’artista, nel 2010 Le arti a Siena nel primo Rinascimento, nel 2013 Da Donatello a Lippi. Officina pratese. Nel 2002 ha curato il volume Pittori a Camerino nel Quattrocento, nel 2008, insieme con Matteo Mazzalupi, Pittori ad Ancona nel Quattrocento, nel 2015, Santa Maria Novella. Dalle origini al tardogotico. Sta lavorando sulla decorazione delle chiese mendicanti ed in particolare francescane fra Due e Trecento e sull’evoluzione della pala d’altare fra gotico e rinascimento.

16 febbraio 2016, ore 18:00

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