Forschung
Storia dell'arte e catastrofi: L'italia sismica (sta-sis)
Carmen Belmonte, Elisabetta Scirocco e Gerhard Wolf
Piazza Palazzo, L'Aquila. © Antonio Di Cecco, 2012
Le catastrofi naturali sono eventi ricorrenti nella storia delle città e del paesaggio italiani: ai frequenti terremoti si aggiungono altre calamità con effetti altamente distruttivi, come frane e alluvioni. Nell'ultimo decennio, i terremoti che hanno colpito l'Aquila (2009), l'Emilia (2012) e il Centro Italia (2016–2017) hanno nuovamente mostrato l'urgenza e l'attualità del problema, insieme alla necessità di un impegno della storia dell'arte nel mondo contemporaneo. Lo studio del patrimonio monumentale e artistico acquista dopo la catastrofe nuovo valore e nuovi significati all'interno del dibattito sulle prassi d'intervento e le metodologie di conservazione delle città e dei piccoli centri, del territorio e del paesaggio, del patrimonio culturale in senso lato. Si tratta, per gli storici dell'arte, non solo di riflettere sulle responsabilità etiche legate alla prevenzione e alle scelte progettuali successive alla catastrofe, ma ancor più di studiare le città e il relativo territorio come un tessuto vitale fatto di spazi, monumenti e infrastrutture, opere d'arte e paesaggio, oltrepassando le tradizionali divisioni disciplinari e partecipando al dibattito sulle possibili ricostruzioni, nell'ottica di una conservazione integrata che tenga conto dello sviluppo urbanistico e ambientale contemporaneo.
A partire dal 2014, muovendo dal caso del terremoto dell'Aquila (2009), l'Istituto ha avviato un progetto sperimentale che non ha posto la sua attenzione esclusivamente sul singolo monumento eccellente, ma anche sullo studio del contesto ambientale, sociale, culturale e identitario del capoluogo dell'Abruzzo. La città post-catastrofe si profila essa stessa come un laboratorio di indagine in cui è necessario confrontarsi con molteplici implicazioni che marcano la biografia e l'habitat dell'opera d'arte e del monumento. Protagonisti e testimoni materiali di un evento disastroso che si abbatte sull'uomo – e come tali propagati dai media quale immagine della catastrofe alternativa a quella, più forte, che tocca le vicende della popolazione – sono anche dipinti, statue, oggetti di culto, chiese e palazzi che documentano la storia civile e religiosa della città e del suo territorio, i suoi mutamenti e le sue evoluzioni. In questo contesto, il patrimonio culturale danneggiato acquista con più evidenza un valore aggiunto, sociale e identitario. La catastrofe richiama l'attenzione, drammaticamente e repentinamente, sulla materialità dell'opera: gli oggetti mobili o immobili, colpiti nella loro fisicità, subiscono l'impatto della cesura, la temporalità accelerata della fase di emergenza e quella sospesa del recupero, i cui segni resteranno in ogni caso indelebili nella loro storia materiale. L'evento catastrofico può comportare la distruzione, il parziale mutamento di forma, la caotica trasformazione del contesto di conservazione, la repentina interruzione del dialogo esistente con altri oggetti artistici, oltre che la perdita di funzione. Il patrimonio culturale a rischio in un contesto post-sismico pone una serie di questioni che vanno al di là delle specifiche scelte dei diversi settori d'intervento, stimolando una riflessione di carattere più generale sugli effetti delle catastrofi naturali sulle pietre e sugli uomini, sulle dinamiche sociali innescate da questi eventi e sulla riconfigurazione del rapporto tra centro e periferia, tra luoghi e comunità, e, non da ultimo, sull'importanza del patrimonio culturale storico-artistico e monumentale, per restituire alla cittadinanza la propria memoria storica.
A questi temi è stato dedicato nel 2014 lo Studienkurs del Kunsthistorisches Institut in Florenz. Lo studio dell'Aquila come caso esemplare per una metodologia di analisi interdisciplinare ha poi avuto seguito nel 2015 con l'istituzione del gruppo di ricerca L'Aquila as a Post-Catastrophic City presso il Kunsthistorisches Institut in Florenz. Uno dei più importanti aspetti in questa prima fase del progetto-laboratorio è stata la partecipazione di giovani studiosi afferenti a diverse discipline (storia dell'arte, storia dell'architettura, archeologia, urbanistica, fotografia) che hanno sperimentato nuove forme di studio collaborativo, rivelatesi particolarmente appropriate alle problematiche del contesto post-sismico. Muovendo dal caso aquilano, l'interesse si è spostato su una casistica diversificata di città, territori e siti colpiti da eventi disastrosi su scala italiana e mondiale in occasione del convegno internazionale Dopo la catastrofe: la storia dell'arte e il futuro della città (Kunsthistorisches Institut in Florenz, 6–7 marzo 2015), che ha coinvolto studiosi e specialisti impegnati nel campo della tutela: storici, architetti, urbanisti, restauratori e storici dell'arte. Nel 2016 è stato avviato il progetto Topologie del terremoto, che ha selezionato come prima tappa di un più ampio percorso d'indagine il territorio emiliano colpito dal sisma del 2012, individuato come caso di studio pilota per la disamina del processo di ricostruzione ancora in corso. Partendo da prospettive disciplinari diverse, sei ricercatori hanno studiato il patrimonio culturale in riferimento ai contesti socio-spaziali anteriori al terremoto, alle strategie attuate per la gestione dell'emergenza e alle conseguenti modifiche del territorio, delle dinamiche economiche e delle relazioni culturali. A partire dal 2018 è stata avviata una mappatura sperimentale del 'paesaggio sismico' dell'Appennino Centrale, in cui lo studio storico delle dinamiche insediative si coniuga con l'indagine fotografica su luoghi e spazi dell'abitare condizionati e modificati dai terremoti che hanno interessato questo territorio nell'ultimo cinquantennio.
A queste attività sperimentali di ricerca, svolte in costante dialogo con università e istituzioni di tutela, si è affiancata la realizzazione di una mostra fotografica e di un volume collettivo. La mostra digitale Fotografia e Catastrofe (online dal Novembre 2018) ha sondato le potenzialità dell'intersezione tra ricerca e fotografia contemporanea, ponendo in dialogo l'indagine visiva del fotografo Antonio Di Cecco dedicata ai paesaggi italiani post-sisma con un corpus di fotografie storiche selezionate nei fondi della Fototeca del Kunsthistorisches Institut in Florenz. Nel 2019 è stato pubblicato il volume miscellaneo Storia dell'arte e Catastrofi. Spazio, tempi, società (Venezia, Marsilio editori), in cui studiosi e professionisti di diverse discipline si confrontano intorno alle questioni della ricostruzione, del restauro e della gestione dei beni culturali negli scenari post-catastrofe, in un dialogo che lega gli studi storici alla prospettiva contemporanea.
Capo del Colle, Norcia. ©Antonio Di Cecco, 2016
Il progetto Storia dell'arte e catastrofi: l'Italia sismica coniuga la dimensione attuale del problema sismico con la sua matrice storica, secondo due scale temporali diverse: una improntata sul lungo periodo, sulla base di specifici casi di studio di disastri in Italia dalla tarda antichità fino al Novecento; l'altra rivolta alla storia dell'ultimo secolo e incentrata sulla memoria delle catastrofi e la storia delle ricostruzioni, secondo un percorso topografico. Sta-sis costituisce dunque un laboratorio aperto presso il Kunsthistorisches Institut in Florenz, che mira a promuovere ricerche innovative sull'Italia post-sismica, nell'ambito di un dibattito transdisciplinare e internazionale.