Roberto Bellucci, Ciro Castelli, Marco Ciatti, Cecilia Frosinini: La sfida tecnica: l' 'Ultima Cena' di Giorgio Vasari. L'ultimo restauro dopo l'alluvione del 1966
Conferenza in occasione del ciclo di conferenze "I Mondi del Vasari" presso l'Accademia delle Arti del Disegno, Firenze
La grande "Ultima Cena" di Giorgio Vasari fu commissionata per il Convento delle Murate a Firenze e poi, in seguito alle soppressioni degli ordini religiosi in epoca napoleonica, trasportata a Santa Croce.
All'epoca dell’alluvione del 1966 il grande dipinto (ca. 262x580 circa), era esposto nel Museo dell'Opera di Santa Croce, dove fu gravemente danneggiato dalle acque: la tavola rimase a lungo immersa nell'acqua e nel fango fino al naturale defluire delle acque.
Il colore fu immediatamente protetto da una velinatura a Paraloid B72 per evitare cadute di colore, funzione perfettamente espletata, ma che ebbe l'effetto di fissare sulla superficie anche lo sporco depositato. Nonostante che l'asciugatura fosse stata compiuta con molta gradualità nel deposito climatizzato della Limonaia di Palazzo Pitti, l'azione combinata delle deformazioni del supporto ligneo in pioppo e il forte degrado degli strati della preparazione causarono una pericolosissima perdita di coesione di quest'ultima con il conseguente cedimento della adesione fra le tre parti costituenti: supporto - preparazione - colore.
La pellicola pittorica si è così progressivamente staccata ed alzata formando dei sollevamenti a cresta, connessi con l'andamento anatomico delle fibre del legno.
In generale, il gravissimo stato di conservazione provocato dall'alluvione sui dipinti su tavola non aveva altra soluzione in passato che quella estrema del così detto trasporto del colore che consiste nella separazione della pellicola pittorica dal supporto.
In passato questo poteva avvenire tramite la protezione del colore e la demolizione dal tergo di tutti gli altri strati, per poi procedere alla costruzione di una nuova preparazione e di un nuovo supporto su cui far riaderire il colore risananato e reso planare. L'enorme difficoltà di applicare una tale difficilissima e rischiosissima tecnica ad un'opera di dimensioni tali quale l' "Ultima Cena" di Vasari fece sì che il dipinto, messo provvisoriamente in sicurezza in un deposito della Soprintendenza di Firenze, rimanesse a lungo senza alcun intervento di restauro. Fatto che ha, d'altra parte, portato ad un aggravamento delle sue condizioni conservative, essendo rimasto il dipinto per quaranta anni pressoché abbandonato a se stesso.
Dal 2005 inizia il coinvolgimento dell'Opificio delle Pietre Dure nello studio della risoluzione del problema del restauro dell'Ultima Cena, difficilmente affrontabile con forze e competenze minori di quelle dell'Istituto. In quella data l'opera fu trasportata presso i Laboratori della Fortezza da Basso.
La prima fase del restauro, inteso nella sua globalità, come fase diagnostica, conoscitiva e progettuale, conclusasi nel dicembre del 2006, ha quindi riguardato le indagini, le ricerche, le prove sperimentali e i test necessari proprio per la definizione del progetto stesso.
La serie di indagini già effettuate comprende:
documentazione fotografica b/n, colore e digitale ad alta risoluzione del davanti e del retro di ciascun pezzo a luce normale e luce radente;
ripresa in Radiografia X tramite preassemblaggio di pellicole a misura con la tecnica dell'esposizione unica;
test di solubilità delle resine usate nel 1966;
misurazione degli attuali livelli di UR del legno;
ripresa 3D dell'insieme di ciascun pezzo per giungere ad una esatta misurazione dell'andamento tridimensionale della superficie sia del colore che del supporto, in moda da compararne i diversi andamenti attuali;
test di rimozione del fango e dello sporco di deposito superficiale;
test sul preconsolidamento della superficie pittorica;
test sulla rimozione della velinatura del 1966
Allo stato attuale delle conoscenze è comunque difficile precisare esattamente il progetto di intervento in tutte le sue fasi, anche per la situazione conservativa che è stato possibile valutare dal punto di vista della sua differenziazione. E' certo nostra intenzione, come ogni intervento di restauro degno di questo nome, arrivare a scelte il più possibile orientate verso la conservazione integrale dell'opera, ma non sappiamo ancora se le condizioni conservative permettano di evitare di fare ricorso ad un intervento di trasporto del colore, almeno nelle zone più gravemente interessate alle differenze dimensionali tra supporto e strati pittorici.
Certamente dovrà essere ampliato il numero delle indagini scientifiche, allargando il campo anche a quelle chimiche (analisi stratigrafiche; analisi del degrado della preparazione). Inoltre dovranno essere effettuate ulteriori prove di consolidamento della preparazione in ambiente e con sotto-vuoto locale. E, successivamente al consolidamento del colore e alla alla svelinatura, indagini fisiche atte a indagare la tecnica esecutiva dell'opera: misure colorimetriche; indagini fisiche per mezzo di riprese digitali ad alta risoluzione in Infrarosso Falso Colore, Fluorescenza UV, Infrarosso b/n; indagini per la diagnostica dei materiali (fluorescenza X). Inoltre dovrà essere messo a punto di un sistema di monitoraggio delle variazioni dimensionali.
E' pertanto troppo presto per poter conoscere quali saranno i tempi necessari per il completamento delle operazioni di restauro, tempi che possono notevolmente variare in rapporto alle scelte sopra citate per quanto riguarda la ricostituzione della necessaria coesione dei materiali costitutivi e dell'adesione sufficiente della pellicola pittorica.
Dopo le difficili fasi operative del consolidamento e successivamente del recupero dell'opera da un punto di vista estetico, che costituiranno il nucleo più complesso dell'intera operazione, si può fin d'ora prevedere la necessità di ulteriori operazioni volte alla conservazione preventiva futura dell'opera:
realizzazione di un sistema innovativo di sostegno dal tergo e di controllo delle deformazioni;
realizzazioni sul tergo di una parziale scatola di stabilizzazione climatica per prevenire eccessivi movimenti del legno e permettere una migliore conservazione degli strati pittorici;
realizzazione di una nuova cornice, essendo andata perduta quella precedente, connessa con il sistema di stabilizzazione ambientale sopra indicato;
studio dei valori microclimatici ambientali del luogo di ricollocazione, per verificarne l'adeguatezza ad ospitare la tavola, oppure realizzare i necessari interventi di controllo del microclima (soprattutto temperatura ed umidità relativa).
Direzione dei lavori:
Marco Ciatti e Cecilia Frosinini.
Progettazione dell'intervento e coordinamento restauro
Roberto Bellucci per la parte pittorica,
Ciro Castelli per la parte lignea.
Il ciclo di conferenze "I Mondi del Vasari: Accademia, Lingua, Religione, Storia, Teatro" è organizzato dal Kunsthistorisches Institut in Florenz - Max-Planck-Institut in collaborazione con l'Accademia delle Arti del Disegno, Firenze
a cura di Alessandro Nova e Luigi Zangheri
Per secoli, sino a oggi, 'Le Vite' di Giorgio Vasari sono state consultate per ottenere informazioni più o meno attendibili sugli artisti da lui trattati e sulle loro opere. Si dovette invece attendere l'inizio del Novecento perché la Scuola di Vienna, con il suo interesse per le fonti e la letteratura artistica, esprimesse finalmente il giusto apprezzamento per il sofisticato impianto teorico del grande libro progettato dallo storico aretino. Da allora gli studi sui proemi e sui concetti critici dell'opera vasariana sono diventati sempre più numerosi, ma 'Le Vite' sono un testo così ricco da sollecitare di continuo nuove indagini. Restando nel campo della storia dell'arte, se l'alto valore teorico dei suoi testi è stato da tempo riconosciuto, non si è ancora messo in luce a sufficienza come il Vasari fosse stato tra i primi a promuovere strumenti di ricerca e metodi inediti quali la storia orale, l'analisi stilistica e iconografica, lo studio delle tecniche e dei materiali nonché una forma di 'connoisseurship' basata sulla funzione e sullo stile delle opere. Se ci spostiamo invece in altre direzioni, noteremo subito come la grandiosa articolazione del capolavoro vasariano investa una vasta gamma di temi. Ad esempio, descrivendo nella biografia dedicata a Raffaello un affresco nella Stanza dell'Incendio in Vaticano, Vasari scrive: "Oltra che tutti i cardinali, vescovi, camerieri, scudieri, cubiculari, sono in pontificale a' loro luoghi a sedere ordinatamente, come costuma la cappella." Lo storico ci dice che l'affresco dell'Urbinate è un documento visivo attendibile per ricostruire il cerimoniale di corte e in effetti 'Le Vite' sono una fonte viva e insostituibile per tanti aspetti della società rinascimentale che esulano dalla storia dell'arte in senso stretto: dalla medicina al diritto, dalla musica al teatro, dalle feste in costume alla politica. Le biografie scritte dal Vasari raccontano pertanto un mondo molto più vasto di quello animato dalle botteghe artistiche.
La serie di conferenze organizzata congiuntamente dal Kunsthistorisches Institut in Florenz - Max-Planck-Institut e dall'Accademia del Disegno intende celebrare questa complessità multidisciplinare del testo vasariano, per sottrarlo a una prospettiva specialistica che ne limita l'orizzonte. 'Le Vite' sono una fonte cruciale del Cinquecento italiano non solo per gli storici dell'arte, ma anche per quelli del teatro, dello spettacolo, della lingua, della letteratura e dei conflitti religiosi.
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Sala delle Adunanze
Via Orsanmichele 4
50123 Firenze
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